12 aprile 2007

Un anno dopo Catello



a cura di Dino Medolla

Il ricordo c’è, è palpabile. Ogni domenica, a fine gara, il coro verso Catello che si alza dalla curva sud scatena applausi ed emozioni.

La memoria è l’aspetto forse più evidente di questa splendida annata calcistica: al di là dei gol, delle vittorie, del sogno che Cava e la Cavese cullano da qualche mese a questa parte, nelle domeniche calcistiche nostrane, il pensiero finale al “leone” biancoblù non manca mai. In casa come in trasferta.

Il momento del ricordo, ormai, è parte integrante di questa città e di questo popolo, è un punto fermo nei momenti belli (molti) e in quelli difficili (pochi, grazie alla bravura della banda di Campilongo), nelle manifestazioni sportive e non solo.

L’evento luttuoso che dodici mesi fa sconvolse questa città ancora inebriata da una promozione attesa da venti anni di umiliazioni e momenti bui, ha maturato Cava e soprattutto questa tifoseria.

Ogni domenica c’è il tifo incessante, fino a qualche settimana fa c’erano anche striscioni e fumogeni (poi messi al bando dalle nuove normative anti-violenza), ma ogni domenica deve esserci, a tutti i costi, spazio per il ricordo a Catello. Un momento fondamentale per gli ultras, tanto che il coro ideato per il “leone” precede, di qualche attimo, un altro frangente di primaria importanza, questa volta di condivisione con tutto lo stadio e con la squadra.

E’ splendido ciò che i tifosi stanno facendo in qualsiasi stadio -ha sottolineato sabato in diretta radiofonica il papà di Catello, il Maggiore dei Carabinieri Giuseppe Mari- il modo in cui lo ricordano e tutto ciò che hanno realizzato in suo nome rappresenta un’importante iniezione di fiducia e coraggio. Sì perché, a me Catello manca moltissimo”.

Le parole ancora rotte dall’emozione di un padre che da un anno non ha più suo figlio devono inorgoglire tutti, devono far capire che la strada intrapresa è quella giusta, devono far tradurre in realtà la presenza, seppur nelle menti di tutti, di quel centrale difensivo roccioso, tecnico, con un gran cuore, grandi qualità calcistiche, disponibilità per tutti e una battuta sempre pronta.

Dicono da Caserta che non ti arrendi mai”: fu questo il mio modo di presentarmi a Catello. Lui mi rispose: “A Caserta mi vogliono bene. Però, aspetta qualche domenica e vedrai”.

E ancora in diretta tv (due giorni dopo la vittoria casalinga di due stagioni fa condita da uno splendido gol e da una prestazione eccezionale) quando gli riuscì difficile esprimere un concetto: “Scusatemi, non sono troppo bravo con le parole”. “Non importa -risposi- a noi conta quello che fai in campo”.

E poi, la “rabbia” di Sora, nel match play-off vinto contro la Juve Stabia: “Adesso la finiranno di dire che mi sono venduto la partita di campionato a Cava?”.

E, infine, l’ultima intervista tv, quella famosa, che ha fatto il giro del web. Catello mi raggiunse con quel cappello da giullare biancoblù, dopo avermi graziato dal classico gavettone (solo perché avevo il microfono) e aver dispensato baci, saluti e pose per le foto ricordo.

Forse, inizi a metabolizzare questa promozione”. E lui, con il suo classico sorriso: “E’ difficile, dammi qualche giorno”.

Peccato che sia passata soltanto qualche ora.

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